Il vero taglio che dobbiamo fare è quello del cuneo fiscale: questa è equità sociale. Questa è la strada che dobbiamo perseguire per far recuperare ai lavoratori e alle famiglie il potere di acquisto e per sostenere la competitività delle imprese. Perciò, chiediamo un taglio strutturale del costo del lavoro di 16 miliardi, che significa una mensilità (1223 euro) in più per tutta la vita lavorativa nella fascia di reddito fino a 35mila euro. Oggi il cuneo contributivo è pagato per due terzi dalle imprese e per un terzo dai lavoratori. Noi abbiamo detto che il recupero deve essere invece al contrario: due terzi a favore dei lavoratori e un terzo per le imprese.
Carlo Bonomi
Presidente Confindustria
ANSA, aprile 2022

IL TAGLIO DEL CUNEO FISCALE: UNA QUESTIONE DI EQUITÀ SOCIALE

La competitività delle imprese italiane è zavorrata da un elevato cuneo fiscale e contributivo, ovvero la differenza tra costo del lavoro e retribuzione netta, di cui oltre la metà è costituito da oneri sociali a carico dell’impresa.
Il Presidente Carlo Bonomi, fin dal suo insediamento, e poi dallo scorso settembre in vista della Legge di Bilancio, ha proposto la necessità di un intervento forte sul cuneo fiscale e contributivo sul lavoro per mettere in questo modo più soldi in tasca ai lavoratori.
Oggi, alla luce dell’aumento dei prezzi, per sostenere il potere di acquisito dei lavoratori e al tempo stesso sostenere le imprese a fronte degli aumenti dei costi degli input, Confindustria ha rilanciato la proposta originaria del taglio dei contributi sociali, sia a favore dei lavoratori sia a favore delle imprese.
Le imprese, ogni anno pre-Covid, hanno pagato circa 3 miliardi per finanziare la cassa integrazione ordinaria, ricevendo prestazioni per i propri dipendenti tra i 500 e i 600 milioni. In nove anni, tra il 2010 e il 2019, le imprese hanno pagato 28,4 miliardi, l’Inps ha pagato per prestazioni e contributi figurativi 11,7 miliardi. Per cui le imprese hanno dato allo Stato 16,7 miliardi in più dei soldi che sono serviti per CIG all’industria. È un’altra seria ragione per cui lo Stato potrebbe oggi impiegare quei 16 miliardi di minori contributi per interventi strutturali sul costo del lavoro avvantaggiando i lavoratori. Le imprese li hanno pagati in più negli anni, oggi proponiamo di aiutare i lavoratori. Sarebbe un gesto serio di grande responsabilità del Paese.

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La proposta del Centro Studi Confindustria

La proposta elaborata dal Centro Studi Confindustria prevede di impegnare 16 miliardi di euro per una riduzione del cuneo contributivo sul lavoro dipendente per lavoratori con redditi fino a 35mila euro, così suddiviso: due terzi per la riduzione dell’aliquota a carico dei lavoratori, pari a circa 10,7 miliardi; un terzo per la riduzione dell’aliquota a carico dei datori di lavoro, pari a circa 5,3 miliardi.
Per i lavoratori con 35mila euro di reddito da lavoro, ciò implicherebbe una mensilità in più all’anno.
Ipotizzando un taglio del cuneo contributivo per i redditi da lavoro dipendente fino a 35mila euro annui si stima una riduzione complessiva dell’aliquota di contribuzione sociale di 5,24 punti percentuali, di cui 3,49 punti a favore del lavoratore e 1,75 punti per il datore di lavoro.
Un intervento di riduzione del cuneo contributivo come quello proposto, oltre che attenuare gli effetti dell’aumento della bolletta energetica per le famiglie, consentirebbe di ridurre il divario di competitività di costo del lavoro nei confronti dei principali paesi europei.
Nel 2020 il cuneo in Italia era pari al 46,0% del costo del lavoro, tra i più elevati nell’area dei paesi avanzati (34,6% la media OCSE). Il taglio contributivo proposto, se realizzato solo sui redditi fino a 35mila euro, farebbe scendere il cuneo sul lavoro a 42,1%, avvicinandolo a quello medio nell’Eurozona (41,7%).