
Dopo il protocollo su salute e sicurezza
nei luoghi di lavoro, quello firmato sui vaccini in azienda è un’importante prova di maturità e responsabilità delle parti sociali.
Maurizio Stirpe
Vice Presidente Lavoro e Relazioni Industriali
Corriere della Sera, 8 aprile 2021

LA PANDEMIA DA COVID-19: REAGIRE AL PRESENTE PENSANDO AL FUTURO
Il contenimento degli effetti della pandemia ha interessato tutto il periodo oggetto di questa rendicontazione. I temi in primo piano sono stati l’attuazione della campagna vaccinale e la vaccinazione nei luoghi di lavoro, il green pass e il super green pass, il Protocollo di sicurezza, lo smart working, i sostegni al sistema produttivo e a tutela del lavoro, la prevenzione delle crisi aziendali. In tale contesto, l’azione di Confindustria si è concentrata su due grandi obiettivi: continuare a garantire lo svolgimento in sicurezza delle attività economiche e realizzare interventi a supporto del mondo produttivo.
1.
Misure di contenimento per garantire lo svolgimento delle attività economiche in sicurezza
La circolazione del virus ha reso complesso il mantenimento di un equilibrio tra l’introduzione delle misure di contenimento e lo svolgimento delle attività economiche. Inoltre, gli andamenti della pandemia hanno determinato continui interventi normativi, non sempre coordinati, che hanno sollevato problemi di carattere interpretativo e attuativo (da fine aprile 2021, sono stati adottati 13 DL, numerose ordinanze del Ministero della salute e Circolari ministeriali, che hanno impattato sullo svolgimento delle attività produttive). L’avvio della campagna vaccinale, poi, ha comportato, da un lato, la responsabilità del Sistema associativo di sostenere la vaccinazione della popolazione e, dall’altro, la necessità di allineare le misure di contenimento ai nuovi strumenti scientifici (la vaccinazione) e giuridici (il c.d. green pass) che si sono venuti consolidando, in una nuova logica di “limitazione” delle persone (e della loro mobilità) e non delle attività.
Confindustria ha partecipato attivamente alle azioni di contrasto alla pandemia, presentando numerose proposte normative, supportando le imprese nell’applicazione delle misure di contenimento e avviando diverse iniziative per promuovere la vaccinazione, anche mediante l’attivazione di hub vaccinali presso le sedi aziendali. Molte delle proposte formulate dall’Associazione hanno avuto esito positivo. Il riferimento è, tra l’altro, all’introduzione dell’obbligo di green pass per l’acceso ai luoghi di lavoro e all’approvazione di alcune misure per agevolarne l’attuazione (es. comunicazione preventiva; consegna volontaria del green pass; predisposizione di strumenti per l’agevolazione dei controlli; chiarimento del ruolo di mero controllo e segnalazione del datore di lavoro; qualificazione giuridica del lavoratore privo di green pass in termini di assenza ingiustificata; sostituzione del lavoratore privo di green pass), alla semplificazione del regime della quarantena per i rientri dall’estero e alla previsione di un sistema per l’utilizzo delle certificazioni vaccinali straniere rilasciate a seguito di vaccinazione con vaccini non riconosciuti,
che hanno semplificato la gestione delle trasferte da e verso l’estero, nonché alla proroga, anche nella fase post emergenziale, dello smart working semplificato. Parallelamente all’introduzione dell’obbligo di green pass per l’accesso ai luoghi di lavoro, per quanto concerne la gestione delle ricadute occupazionali dell’emergenza pandemica, Confindustria ha continuato a seguire tutta l’attività legislativa e amministrativa relativa agli ammortizzatori sociali per emergenza Covid-19. Tale attività è stata rivolta principalmente a quei settori merceologici che hanno continuato a risentire profondamente degli effetti della pandemia sull’attività produttiva.
2.
Il protocollo di sicurezza
All’inizio della pandemia Confindustria – a fronte del rischio di blocco produttivo – ha chiesto immediatamente che le imprese potessero proseguire l’attività, previa indicazione delle regole fondamentali di organizzazione e condotta adeguate alla criticità in essere.
La proposta è stata quella di elaborare un Protocollo condiviso con il Governo ed i sindacati – “Protocollo di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus negli ambienti di lavoro” – al fine di garantire, con il necessario supporto scientifico delle autorità sanitarie, l’immediata prosecuzione delle attività produttive e la tutela della salute. La tutela delle aziende nella gestione del Covid-19 è stata assicurata sia attraverso la previsione del Protocollo come condizione per la prosecuzione dell’attività produttiva, sia attraverso l’inserimento, nel 2020, della norma che genera una presunzione di rispetto delle norme di sicurezza per chi applica il Protocollo.
Il Protocollo e la relativa norma di tutela sono stati al centro di un’intensa attività legislativa emergenziale, dato il loro legame e potenziale impatto su molti diritti costituzionali.
Ai fini del contrasto al Covid-19, l’Associazione ha chiesto ed ottenuto il superamento dell’impostazione (normativa e giurisprudenziale) secondo la quale il datore di lavoro è obbligato e penalmente responsabile nell’assicurare la sicurezza nei luoghi di lavoro non già in base a disposizioni puntuali e precise, ma in base ad un generico riferimento alle particolarità del lavoro, all’esperienza e alla tecnica (art. 2087 codice civile). Il legislatore – con l’art. 29bis della legge n. 40/2020 – ha infatti codificato la presunzione del rispetto di questi indeterminati parametri attraverso la puntuale osservanza dei Protocolli anticontagio. Essi hanno il pregio di contenere regole conoscibili dal datore di lavoro ex ante e non oggetto di interpretazione estensiva ex post. Si tratta di una norma che, da un lato, finalmente riconosce la impropria genericità dei contenuti dell’art. 2087 del codice civile (soprattutto quando esso diviene fonte di colpa ai fini della responsabilità penale) e, dall’altro, può costituire la base per riflessioni future, per modelli organizzativi fondati su regole cautelari precise, superando la sostanziale responsabilità oggettiva che oggi caratterizza l’impostazione normativa e interpretativa in questa materia.
La principale criticità da superare è stata quella di affermare la logica emergenziale del Protocollo e la sua derivazione dallo stato di pandemia mondiale, oltre alla qualificazione del virus come rischio biologico generico (e non professionale) e la conseguente netta distinzione tra la valutazione di ordine sanitario posta in essere dalle autorità e la valutazione dei rischi effettuata da ciascun singolo datore di lavoro. In altre parole, si è trattato di far valere la distinzione tra l’azione precauzionale (legata alla non piena conoscenza del rischio) e la prevenzione (che, invece, presuppone una piena conoscenza di esso). Queste distinzioni, sostanzialmente accolte, hanno escluso che il quadro regolatorio via via elaborato dalle autorità sulla base di valutazioni in sede internazionale (OMS) e comunitaria (ECDC) potesse essere ricondotto ad una valutazione del singolo datore di lavoro, della quale potesse essere chiamato a rispondere.
L’altra criticità è stata rappresentata dalla norma che impropriamente qualifica il contagio da Covid-19 come infortunio sul lavoro, laddove avvenuto in occasione di lavoro. Questa norma ha introdotto notevoli problemi interpretativi ed applicativi, parzialmente superati dalla norma che introduce la presunzione di rispetto della normativa di sicurezza mediante l’applicazione del protocollo.

L’accordo sul protocollo sul lavoro agile è un segnale importante e positivo.
È la prova che, quando le parti sociali esercitano il proprio ruolo, e il Governo si rende disponibile a costruire con loro una adeguata sintesi, i risultati si ottengono in tempi brevi e senza inutili polemiche.
Mi auguro che sia una esperienza replicabile, l’inizio di una stagione feconda, pragmatica. Focalizzata sulle cose da fare.
Maurizio Stirpe
Vice Presidente Lavoro e Relazioni Industriali
Il Sole 24 Ore, dicembre 2021

Un contestuale rilevante problema è stato quello rappresentato dall’interferenza delle regole per la tutela della privacy con le misure emergenziali. Anche per questioni di carenza di risorse finanziarie a sostegno delle misure adottate e di chiarezza del dato normativo, sono stati tanti i problemi operativi da affrontare, tra cui: comunicazioni al datore di lavoro della condizione di quarantena e isolamento ai fini della gestione del rapporto di lavoro, gestione dei lavoratori fragili, gestione dei tracciamenti in azienda, gestione dei lavoratori privi del green pass.
Il Protocollo e, soprattutto, la norma di tutela che introduce la presunzione di rispetto della normativa di sicurezza in caso di applicazione del Protocollo, hanno consentito di ottenere il massimo risultato, cioè la prosecuzione delle attività produttive in sicurezza, disinnescando da un lato il rischio di chiusura dell’intera attività produttiva e dall’altro la diffusione del virus nei luoghi di lavoro. Al Protocollo è stata unanimemente attribuita una efficacia decisiva nel contrasto alla diffusione del virus in azienda, come confermato dai dati Inail. Grazie al Protocollo ed alla sua convinta applicazione da parte delle aziende, i luoghi di lavoro si sono confermati come gli ambienti più sicuri. Tutti i provvedimenti normativi ed emergenziali adottati successivamente hanno confermato questo impianto di tutela che rappresenta ancor oggi il fulcro normativo che ha consentito di proteggere le imprese, consentendo la prosecuzione in sicurezza dell’attività.
Il lavoro agile è stato regolato nel protocollo e nella normativa introducendo la modalità semplificata (in particolare, escludendo la necessità di un accordo) ed è stato gestito nell’ambito del Protocollo quale strumento di distanziamento. Il Protocollo del 7 dicembre 2021, sulla base di una sostanziale condivisione della normativa dettata dalla legge n. 81/2017, ha individuato linee guida per indirizzare l’intervento della contrattazione collettiva in previsione del ritorno alla gestione del lavoro agile in modalità ordinaria. (L. 81/2017). Alla Camera è stato recentemente depositato un testo unificato di tutte le proposte di legge in materia per l’adozione di una ulteriore disciplina del lavoro agile, caratterizzato da notevoli criticità.

La priorità per rilanciare la nostra economia è il sostegno alla crescita dimensionale delle imprese e il riequilibrio della loro struttura finanziaria, attraverso un più ampio accesso a fonti alternative e una maggiore patrimonializzazione. In questa direzione, è necessario mettere a punto una vera strategia ad ampio spettro, che comprenda interventi di natura fiscale, semplificazioni regolamentari e altre misure volte a favorire l’accesso delle imprese ai mercati finanziari. Si tratta di una questione di natura strutturale.
Emanuele Orsini
Vice Presidente Credito, Finanza e Fisco
Economy, febbraio 2021

3.
Misure per sostenere i settori produttivi e le esigenze delle imprese
In tema di misure di sostegno, il legislatore è intervenuto con misure spesso non sufficienti, in termini di capitoli d’intervento o di intensità, a contenere adeguatamente gli effetti della crisi sanitaria nei diversi settori produttivi e a sostenerne le esigenze di liquidità e di programmazione degli investimenti (es. moratoria sui prestiti; sistema dei ristori, soprattutto nei settori turismo e trasporti; rafforzamento operatività delle garanzie pubbliche; modifiche in corsa alla disciplina dei bonus edilizi). Questi interventi sono inoltre avvenuti in modo sporadico piuttosto che con misure strutturali che potessero costituire un sostegno duraturo alla ripresa e alla crescita.
Confindustria in questo periodo molto difficile e incerto ha portato avanti molte proposte per supportare le esigenze delle imprese, a partire da quella di adeguare i contributi a fondo perduto all’effettivo fabbisogno (tenendo conto cioè non solo del fatturato, ma anche dei costi sostenuti dalle imprese) a quella di prolungare e rafforzare le misure di sostegno alla liquidità. In seguito al rincaro delle materie prime ha proposto, inoltre, di introdurre meccanismi di revisione dei prezzi nei contratti pubblici.
In riferimento alla gestione delle ricadute occupazionali attraverso gli ammortizzatori sociali per emergenza Covid-19, Confindustria ha seguito tutta l’attività legislativa e amministrativa emergenziale in materia di integrazione salariale Covid, rivolta principalmente a quei settori merceologici che hanno continuato a risentire profondamente degli effetti della pandemia sull’attività produttiva.
L’Associazione ha sostenuto la necessità di potenziare la struttura finanziaria, la patrimonializzazione delle imprese, e di rilanciare gli investimenti privati per sostenere il lavoro e l’occupazione, al fine di creare le condizioni per un’effettiva ripresa della crescita oltre una logica puramente emergenziale. Ha proposto inoltre di rafforzare la formazione e riqualificazione professionale per adeguare le competenze alla forte accelerazione nell’utilizzo delle tecnologie digitali.
Il risultato di questo lavoro di proposte, supporto e continuo stimolo ha portato alla proroga delle misure di sostegno alla liquidità e agli investimenti privati. Esempi ne sono la proroga 31 dicembre 2021 della moratoria di legge prevista dal DL Cura Italia e al 30 giugno 2022 delle misure emergenziali che rafforzano le garanzie concesse dal Fondo di Garanzia per le PMI e da SACE, il differimento del termine per il versamento dell’IRAP, il rifinanziamento delle misure per l’export, la proroga del termine di consegna dei beni strumentali e 4.0, la proroga del costo delle immobilizzazioni materiali e immateriali. Inoltre, è stato conseguito l’inserimento della clausola di revisione dei prezzi per alcune tipologie di contratti pubblici.
4.
Misure fiscali in quadro temporaneo
Nell’emergenza da Covid-19, la Commissione europea ha inizialmente adottato un Quadro temporaneo per gli aiuti di Stato a sostegno dell’economia, volto a consentire agli Stati membri di concedere misure di sostegno alle imprese colpite dalla crisi, consentendo una maggiore flessibilità delle norme sugli aiuti di Stato. L’Unione europea ha, inoltre, formulato un piano di azione strutturale, lanciando il programma Next Generation EU (NGEU). L’Italia è la prima beneficiaria degli strumenti del NGEU e, nel corso del 2021, ha approvato il PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza con l’obiettivo di incentivare gli investimenti necessari ad accelerare la transizione ambientale, energetica e digitale. Le norme ordinarie sugli aiuti di Stato si inseriscono in questo contesto, dal momento che la Commissione ha chiarito che gli interventi dovranno essere assoggettati a tali regole, sia sul piano sostanziale sia procedurale. Successivamente la Commissione ha adottato anche un Quadro dedicato al sostegno delle imprese per attenuare gli effetti del conflitto Russia-Ucraina.
Il perdurare degli effetti devastanti subiti dalle imprese – soprattutto quelle attive nei settori particolarmente esposti – e i limiti estremamente stringenti imposti dalla Commissione europea all’interno del Quadro temporaneo, hanno reso gli aiuti concessi insufficienti per compensare i danni subiti. In molti casi le imprese hanno anche rilevato un superamento dei tetti di aiuto consentiti dalle regole comunitarie. Per questo motivo si è reso necessario intervenire ex post e trovare una soluzione che riuscisse a sfruttare al massimo tutte le flessibilità consentite, cercando di salvaguardare, per quanto possibile, gli aiuti già fruiti e ricevuti dalle imprese. Dalla sua adozione, il Quadro temporaneo sugli aiuti di Stato a sostegno dell’economia nell’emergenza da Covid-19 ha subito sei modifiche, in considerazione del protrarsi della crisi pandemica e della necessità di supportare le imprese attraverso nuovi strumenti di sostegno. Il 30 giugno 2022 cesserà la validità del Quadro temporaneo. Relativamente alla normativa ordinaria, che rappresenta, invece, la base normativa comunitaria degli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, la Commissione ha avviato un processo di revisione delle regole esistenti e in scadenza. Ogni proposta di modifica, sia del Quadro temporaneo sia delle regole ordinarie, viene sottoposta a consultazione pubblica.
Confindustria, in occasione di tutte le consultazioni, ha elaborato valutazioni e proposte di modifica dialogando con la Commissione europea, il Dipartimento delle politiche europee e tutte le amministrazioni coinvolte. Sul fronte nazionale sono state elaborate numerose misure di aiuti di Stato ricadenti nel quadro temporaneo e ancora più consistenti interventi per la ripresa e la resilienza. Per ognuna di queste misure Confindustria ha valutato l’opportunità di proposte emendative, verificato la rispondenza delle norme con la normativa comunitaria e affiancato le amministrazioni competenti nella stesura delle disposizioni attuative. In particolare, Confindustria ha formulato la proposta di introdurre, prorogare e potenziare le regole temporanee sugli aiuti di Stato, prevedendo: garanzie su finanziamenti fin a 15-20 anni; gratuità delle garanzie; possibilità di cumulo tra le garanzie pubbliche e i contributi agli interessi.
Il risultato di questo insieme di proposte e azioni è stato la creazione di un “regime ombrello” che ha ridisegnato le condizioni di tutte le misure fiscali fruite dalle imprese nella fase più acuta di crisi (esenzione dell’IRAP, crediti d’imposta locazioni, contributi a fondo perduto, esenzione IMU e credito d’imposta adeguamento ambienti di lavoro) in grado di sanare alcune situazioni di incompatibilità.
Nella costruzione del “regime ombrello” si è reso necessario comprendere la situazione in cui versavano le imprese.
Attraverso le associazioni di categoria si è definita la lista delle esigenze per ogni settore. Si è poi avviato un confronto permanente con il Ministero dell’Economia e delle Finanze per la stesura della norma istituiva del “regime ombrello” e per il supporto durante l’interlocuzione con la Commissione europea che avrebbe dovuto valutare e approvare il regime.
5.
Misure di sostegno alla liquidità delle imprese
L’azione svolta da Confindustria in tema di accesso al credito delle imprese ha assicurato un adeguato supporto alle imprese colpite dalla crisi pandemica, così da evitare che tensioni di liquidità derivanti da fattori esogeni, potessero compromettere l’equilibrio aziendale. Negli ultimi mesi, una simile azione ha riguardato le tensioni di liquidità legate alla crisi russo-ucraina e allo shock energetico. Considerato che la fattibilità degli interventi proposti dipendeva anche da regole europee, l’azione di Confindustria si è svolta anche in questo ambito, attraverso attività finalizzate a prorogare e potenziare il Quadro Temporaneo sugli aiuti di Stato per le imprese colpite dal Covid-19 e, oggi, dal conflitto russo-ucraino e dalla crisi energetica. Al fine di mantenere il massimo sostegno all’accesso al credito delle imprese, Confindustria ha proposto, tra l’altro, di confermare la moratoria di legge per le PMI e di sensibilizzare le autorità bancarie europee affinché fossero modificate, almeno temporaneamente, le regole sul default e sulla riclassificazione delle esposizioni bancarie soggette a rinegoziazione e sospensione, e fossero ripristinate le flessibilità delle regole bancarie europee, che erano state consentite dall’EBA nelle fasi iniziali della pandemia per il trattamento da parte delle banche delle esposizioni soggette a moratoria. Inoltre, Confindustria ha proposto di rafforzare le garanzie pubbliche concesse da SACE e dal Fondo di Garanzia per le PMI. In merito a quest’ultimo è stato in particolare proposto di confermare la gratuità di accesso al Fondo almeno per tutto il 2022, di innalzare l’importo massimo garantito da 5 a 10 milioni, di consentire la copertura di operazioni di rinegoziazione di finanziamenti in essere e di estendere la copertura della garanzia alle Mid cap. Sono state inoltre avanzate le proposte di allungare la durata dei finanziamenti garantibili, di mantenere le percentuali di copertura ai massimi livelli consentiti dalle regole europee sugli aiuti, e di prevedere la possibilità per il Fondo di concedere garanzie a condizioni di mercato.
L’azione di Confindustria ha consentito di mantenere alto il sostegno per l’accesso alla liquidità delle imprese. In particolare:
- la moratoria è stata prorogata fino a fine 2021. Il mancato rinnovo è legato alle regole bancarie europee, la cui revisione Confindustria continua a sollecitare;
- le garanzie pubbliche previste per la crisi pandemica (SACE e Fondo di Garanzia per le PMI) sono state prorogate fino a giugno 2022. È tutt’ora in corso un’attività per prorogarle fino a fine 2022 e per potenziarle in considerazione dell’attuale crisi. Inoltre, la durata delle garanzie è stata allungata da 6 a 8 anni;
- il Fondo di Garanzia per le PMI è stato rifinanziato; è stata confermata la gratuità delle garanzieper esigenze di liquidità legate al caro energia fino a fine giugno; è stata istituita una sezione speciale dedicata al turismo.
Grazie alle misure sopra indicate, è stato possibile sospendere il rimborso di quasi 1,3 milioni di finanziamenti alle PMI per un ammontare pari a 141 miliardi. Inoltre, il Fondo di Garanzia ha garantito circa 2,7 milioni di operazioni per 240 miliardi (circa 65 mld nell’ultimo anno), e SACE ha garantito circa 5.000 operazioni per 34 miliardi (10 mln nell’ultimo anno).
6.
Sviluppo delle fonti di finanziamento alternative al credito bancario
Le misure emergenziali a sostegno della liquidità introdotte per via della pandemia, che sono state determinanti per la tenuta del sistema produttivo, hanno tuttavia determinato un aumento del livello di indebitamento delle imprese, con un signifcativo passo indietro rispetto al percorso di irrobustimento dei bilanci delle imprese realizzato nei 10 anni pre-pandemia. Confindustria ha costantemente ribadito la necessità, in aggiunta alle misure emergenziali volte a sostenere l’accesso al credito, di attivare interventi tesi a favorire il rafforzamento della struttura finanziaria delle imprese, in particolare di PMI e Mid Cap, tramite l’accesso a canali alternativi al credito bancario. Secondo le analisi del Centro Studi Confindustria, il peso del debito delle imprese industriali, misurato in anni di cash fow necessari per ripagarlo, è passato dai 2,0 anni del 2019 ai 3,2 anni del 2021 (da 1,8 a 3,9 nel settore dei servizi) con alcuni settori in situazione critica, in particolare commercio e ospitalità. Il maggior debito bancario accumulato nel 2020 ha fatto poi aumentare di un punto la quota del debito bancario sul totale del passivo: un balzo indietro di circa 2 anni rispetto ai livelli pre-crisi. Tutti dati che evidenziano l’urgenza di intervenire per favorire la patrimonializzazione e il rafforzamento della struttura finanziaria delle imprese.
Lo sviluppo di canali alternativi di finanziamento è essenziale per consentire alle imprese italiane di crescere attivando ingenti capitali. Capitali che non possono venire solo dal sistema bancario e senza i quali le imprese non sono in grado di avviare processi di ristrutturazione e di aggiornamento della produzione, e non possono cambiare modelli organizzativi e distributivi. Soprattutto, non possono investire in ciò che il PNRR e le sfide più attuali come quelle della transizione ambientale e digitale richiedono.
Confindustria, nel corso dell’anno, ha sollecitato l’avvio di un tavolo di confronto tra il Governo e le principali associazioni di rappresentanza degli stakeholder, al fine di definire un set di misure e interventi volti a favorire lo sviluppo dei canali finanziari alternativi. In tale ambito è stato tra l’altro proposto di: prorogare il credito d’imposta per la quotazione delle PMI ed estenderlo alle Mid Cap; consentire al Fondo di Garanzia per le PMI di garantire le prime perdite dei cd. Basket Bond e, in quest’ambito, favorire emissioni a partire da 500mila euro; favorire l’investimento in economia reale da parte di fondi pensione, casse di previdenza e compagnie di assicurazione, anche estendendo loro le agevolazioni previste per i PIR; promuovere lo sviluppo dei canali fintech; definire apposite misure fiscali per incentivare la patrimonializzazione delle imprese e il loro accesso alla finanza alternativa; avviare iniziative di sistema volte a favorire, anche razionalizzando gli strumenti esistenti, la creazione di veicoli di investimento in equity e debito delle imprese; introdurre un’unica definizione di PMI per i mercati dei capitali; semplificare il prospetto e i requisiti di quotazione; rivisitare il regime MAR; potenziare le strutture azionarie a voto multiplo/plurimo.
Nel corso dell’anno, in linea con le richieste di Confindustria:
- è stata prevista la possibilità per il Fondo di Garanzia per le PMI di concedere garanzie a copertura di portafogli di obbligazioni emessi da imprese fino a 499 dipendenti (cd. Basket Bond);
- è stato prorogato fino a fine 2022 il credito d’imposta per le spese di consulenza relative alla quotazione delle PMI;
- sono stati potenziati i PIR “Tradizionali” ed è stato prorogato a fine 2022 il credito d’imposta per le perdite derivanti dall’investimento in PIR “Alternativi”;
- sono stati potenziati il Fondo rotativo di venture capital, gestito da Simest, e il Fondo Nazionale Innovazione gestito da CDP VC. È stato, inoltre, introdotto un programma di interventi in tema di venture capital destinati ai territori del Mezzogiorno;
- sono stati istituiti il Fondo italiano per il clima, il Fondo ripresa resilienza Italia e il Fondo per gli investimenti nel settore turistico;
- sono stati prorogati al 30 giugno 2022 gli interventi agevolati del Patrimonio Rilancio di CDP;
- in tema di fintech, è stata avviata la sandbox regolamentare del MEF ed è stato istituito Milano Hub, il centro di innovazione fintech della Banca d’Italia, che ha già chiuso la prima Call for Proposals a cui sono stati ammessi i primi 10 progetti;
- è stata abbassata a 100mila euro la soglia di accesso ai FIA italiani riservati da parte degli investitori retail.
Inoltre, Confindustria, nell’ambito del suo impegno a supporto dello sviluppo di fonti finanziarie alternative dell’accesso delle PMI ai mercati finanziari e con l’obiettivo di supportare patrimonializzazione, crescita e sviluppo sostenibile delle eccellenze del sistema industriale italiano, dopo essere uscita dal Fondo Italiano d’Investimento, ha acquisito una partecipazione nel capitale di Nextalia SGR, società di gestione del risparmio dedicata agli investimenti nei mercati privati dei capitali
7.
Crisi
di impresa
La pandemia, la crisi delle materie prime e dell’energia, e infine la guerra hanno sottoposto molte imprese a pressioni di portata ampia e inaspettata. In un’ottica di resilienza e sviluppo Confindustria ha ritenuto necessario garantire misure idonee a prevenire crisi aziendali irreversibili, o a consentire un’efficace ristrutturazione aziendale, in modo da tutelare gli interessi dei creditori o da consentire una liquidazione più rapida ed efficace. Numerosi provvedimenti legislativi hanno affrontato questo tema. Dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza fino al decreto sulla composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, oltre allo schema di D.Lgs di recepimento della Direttiva UE 2019/1023, c.d. Insolvency, in esame alle Camere. Le novità del Codice della crisi d’impresa e, in particolare, le procedure di allerta rischiavano di cogliere le imprese impreparate, in quanto chiamate a rafforzare, quando non a istituire, efficaci meccanismi di controllo interno. Tale criticità è stata accentuata dalla pandemia che ha messo molte imprese in difficoltà e non ha favorito cambiamenti organizzativi strutturali. Confindustria ha rilevato la rigidità delle procedure di allerta rispetto ai meccanismi della Direttiva Insolvency. Durante l’esame del Decreto Correttivo, ha individuato interventi migliorativi in tema di allerta e di concordato con continuità aziendale e ha auspicato il rinvio dell’entrata in vigore del Codice a causa delle difficoltà in epoca Covid; ha presentato proposte migliorative nell’iter di conversione del DL n. 118/2021; ha partecipato all’iter di recepimento della Direttiva Insolvency. Come risultato dell’azione di Confindustria il Codice è stato rinviato più volte, evitando molte procedure di allerta che con tutta probabilità sarebbero sfociate in segnalazioni all’autorità giudiziaria. Da ultimo, lo Schema di decreto legislativo, attualmente in corso di esame, prevede la sostituzione delle procedure di allerta con l’istituto della composizione negoziata, a carattere volontario e stragiudiziale.